La somministrazione di cibi e bevande all’interno delle associazioni riveste da sempre molto interesse, ma è un argomento di forte criticità per via delle differenze che possono esserci tra associati e terzi.
La presente Circolare prende spunto dalla nota del Ministero dello Sviluppo Economico n. 0131684/2014 tramite la quale questo Ministero, di concerto con il Ministero dell’Interno, ha chiarito i dubbi in merito alla possibilità di coesistenza di un’attività di somministrazione di cibi e bevande rivolta ai soci ed una rivolta a non soci, con differenti regimi fiscali in base alla tipologia di clientela.
La questione è originata da un quesito posto da un Comune ove un’Associazione Sportiva Dilettantistica, abilitata alla somministrazione di alimenti e bevande ai propri soci ai sensi del DPR 235/2001 aveva chiesto l’iscrizione in Camera di Commercio per l’attività secondaria di “Circolo privato con somministrazione al pubblico, anche a terzi non associati, di alimenti e bevande”, precisando che solo qualora la consumazione fosse stata effettuata da un cliente socio dell’associazione non sarebbe stato rilasciato lo scontrino o la ricevuta fiscale.
Tramite la nota il Ministero fornisce importanti chiarimenti in merito alla normativa di riferimento ed entra nel merito della fattispecie di cui ora affronteremo gli aspetti maggiormente rilevanti.
Come poc’anzi accennato il primo importante chiarimento fornito riguarda la normativa di riferimento applicabile a tale fattispecie. Viene evidenziato che ai sensi della vigente legislazione del commercio il possesso dei requisiti professionali previsti dall’art. 71, co. 6, D.lgs 59/2010 non è richiesto solamente nel caso in cui l’attività di somministrazione di alimenti e bevande sia riservata ai soci dell’associazione in via esclusiva. Nel caso in cui invece l’ente intenda esercitare anche un’attività di tipo imprenditoriale non potrà esimersi dall’osservare le più stringenti disposizioni autorizzative imposte dalla normativa di settore che impongono l’obbligo del possesso dei requisiti di professionalità e di onorabilità.
Una volta illustrate queste premesse il Ministero entra nel merito del caso concreto chiarendo che nonostante non esistano disposizioni che vietino la coesistenza delle due diverse attività anche se, trattandosi di attività commerciale vera e propria poiché effettuata verso un pubblico indistinto, il titolare non dovrebbe continuare ad usufruire delle agevolazioni amministrative e fiscali previste per i circoli privati che effettuano tali somministrazioni in forma non commerciale ai soci. La nota prosegue affermando che, benché nessuna norma impedisca esplicitamente la coesistenza di queste realtà, non si dovrebbe parlare di “coesistenza” di due diverse attività nello stesso locale, ma di una medesima attività che di volta in volta viene esercitata a titolo commerciale o a titolo associativo. “In tal modo la affermata coesistenza si tradurrebbe in una sostanziale doppia natura del medesimo esercizio, che il titolare potrebbe facilmente gestire a suo vantaggio e secondo il suo interesse, rendendo problematici i controlli di polizia amministrativa e tributaria non solo con riguardo agli obblighi fiscali, ma anche rispetto ad obblighi di altra natura, ad esempio quelli di orari di apertura degli esercizi pubblici.”
Per questo motivo è l’elemento della sorvegliabilità dei locali che fornisce un profilo di manifesta incompatibilità della coesistenza ipotizzata con l’ordinamento vigente. Ciò in quanto l’art. 4 del D.M. 564/1992 nello specificare le caratteristiche dei locali adibiti alla somministrazione di alimenti e bevande annessi a circoli privati precisa che:
- I locali di circoli privati in cui si somministrano alimenti e bevande devono essere ubicati all’interno della struttura adibita a sede del circolo o dell’ente e non devono aver accesso diretto da strade, piazze o luoghi pubblici.
- All’esterno della struttura non possono essere apposte insegne, targhe, o altre indicazioni che pubblicizzino le attività di somministrazione esercitate all’interno.
Ma rimane un principio più volte ribadito da numerose e concordi sentenze della Corte di Cassazione che la gestione di un bar da parte di un ente non commerciale è da considerarsi ai fini fiscali quale attività commerciale e quindi soggetta a tutti gli oneri conseguenti.
L’unica eccezione a tele regola stringente è rappresentata dalle Associazioni di Promozione Sociale che considerano ininfluenti sia ai fini Iva che Ires le somme ricavate dallo svolgimento di attività economiche di natura commerciale (tra cui la gestione di un bar ad esempio) svolte in maniera sussidiaria e finalizzate al raggiungimento degli obiettivi istituzionali. Secondo la R.M. 217/1995 l’espressa previsione della non commercialità per le somministrazioni di cibi e bevande effettuate presso bar o similari all’interno della sede dell’associazione, con esclusivo riferimento alle associazioni di promozione sociale, fa ritenere che nei confronti di tutti gli altri enti di tipo associativo tale attività svolta nei circoli ricreativi, anche se effettuata unicamente nei confronti degli associati senza coesistenza di due situazioni come precedentemente illustrato, abbia carattere commerciale.
Le associazione che abbiano quindi all’interno della propria sede un bar o un luogo dove vengono forniti alimenti e bevande sono invitate a verificare la propria posizione fiscale ed il rispetto della normativa succintamente illustrata nella presente circolare.
Lo Studio resta come sempre a disposizione per eventuali chiarimenti in merito.