La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, con la sentenza 32/03/2016 del 13 gennaio 2016 ha condannato una finta associazione che si occupava in realtà di ristorazione per abuso del diritto disconoscendone la natura di ente non commerciale e sanzionando il comportamento fiscalmente illegittimo.
Durante un controllo su un ente no profit che formalmente svolgeva attività di associazione culturale in ambito teatrale è emerso che in realtà gestiva un vero e proprio ristorante organizzando saltuariamente un intrattenimento costituito da spettacoli teatrali marginali rispetto alla reale attività di somministrazione di alimenti e bevande.
Sono stati numerosi i rilievi effettuati durante i controlli:
- si è rilevato che i proventi derivanti dalla somministrazione dei pasti senza svolgimento degli spettacoli erano preponderanti
- la partecipazione degli oltre 800 soci alla vita associativa era inesistente in quanto alle assemblee partecipavano solamente i 5 soci fondatori tra l'altro membri del consiglio direttivo
- l'attività di somministrazione era solo formalmente affidata ad un ristorante esterno, ma in realtà era gestita e diretta dall'ente, tenuto conto che gli amministratori della società di ristorazione e dell'associazione erano coniugi ed il legale rappresentante dell'ente no profit era anche titolare del 66% delle quote del ristorante
- il pagamento della tessera associativa era solo un sovrapprezzo per poter usufruire della cena comprensiva di spettacolo
- dai verbali dell'assocazione non risultava mai alcuna attività volta al perseguimento dei fini istituzionali, ma risultava solo regolamentata l'attività di ristorazione con indicazione dei prezzi da praticare al pubblico
Tenuto conto di questi e numerosi altri elementi emersi nel corso delle indagini la Commissione concludeva che l'associazione non presentava la connotazione richiesta per avvalersi della qualifica di ente non commerciale e conseguentemente non aveva diritto alla agevolazioni fiscali previste.
Risultava quindi fondato quanto sostenuto dall'Ufficio in sede di accertamento, ossia che esisteva una situazione di abuso del diritto finalizzato ad eludere, attraverso lo schermo di un'associazione culturale, il pagamento tra l'altro delle imposte relative alle quote sociali che corrispondevano invece ad un introito commerciale.
La Commissione ha quindi effettuato una valutazione complessiva della situazione emersa dalle indagini ed ha condannato l'associazione alla piena soccombenza, stabilendo a suo carico anche le spese di giudizio.